Medicine - Galton - Viaggiare e sopravvivere di Graziella Martina

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Spesso i viaggiatori si aspettano troppo dai medicinali e pensano che grazie alle loro proprietà curative i selvaggi li accolgano come semidei. I loro pazienti, però, sono per lo più degli storpi che vogliono essere guariti all’istante o persone con aspettative tali da rendere ogni farmaco assolutamente inadeguato. Perciò, durante la spedizione, è meglio limitarsi a somministrare rimedi semplici e popolari, come gli emetici, le purghe e le gocce per gli occhi. Il viaggiatore che si ammala e non ha alcuna possibilità di essere assistito da un dottore, si può consolare con questo proverbio: “C’è una grande differenza fra un buon medico ed uno cattivo, ma non ve n’è quasi nessuna fra uno buono e nessuno.”
    Strumenti e medicine per il viaggio.- Se non si è medici di professione, è inutile portarsi dietro molti farmaci. Sono sufficienti alcuni medicamenti prescritti da uno specialista che sia a conoscenza delle malattie più frequenti nel paese dove si va. Essi sono:
1. emetici, blandi e potenti, per i casi di avvelenamento (il solfato di zinco può essere usato anche in caso di infiammazione degli occhi) ; 2. lassativi; 3. medicine per la diarrea; 4. pastiglie di chinino per la malaria; 5. polvere di Dover, come sudorifero; 6. cloridrina; 7.canfora; 8.acido fenico.
     In più, il viaggiatore dovrebbe avere gocce per la febbre; glicerina; senapismi per le scottature; garze; un piccolo rotolo di diachilon; nitrato d’argento fuso in bacchette per i morsi di serpente; un bisturi per incidere gli ascessi (la lama dovrebbe essere ricoperta di cera per proteggerla dalla ruggine); un forcipe per estrarre le spine conficcate nella carne; un paio di aghi per ricucire i tagli; filo incerato o, meglio, filo d’argento. Un lassativo blando, come per esempio il Moxon, è più indicato della polvere di Seidlitz, che è troppo forte per un uso frequente in climi tropicali.

    Come trasportare le medicine.- Le medicine dovrebbero essere poste in scatole di zinco con etichette indicanti il contenuto sia sul coperchio che sul fondo. L’etichetta sul fondo serve ad evitare confusioni pericolose nel caso in cui vengano aperte due scatole contemporaneamente e si confondano i coperchi. Per evitare di portare con sé pesi e bilancini di precisione, conviene mescolare le medicine in polvere con della farina, in modo che un misurino pieno sia la dose giusta per un adulto. Suggerirei anche colori diversi per le varie polveri, per cui ad esempio un emetico abbia un colore diverso da un lassativo.
     Garze.- Per ricavare una garza da un pezzo di lino, bisogna raschiare accuratamente il tessuto con un coltello.
     Pomate.- Mischiando una quantità uguale di cera e di olio si ottiene un unguento denso che, spalmato sulla garza, costituisce un ottimo cataplasma per lenire le ferite. Al posto della cera si può anche usare del lardo.
     Polveri Seidlitz.- Negli altri paesi, non è facile procurarsi queste polveri lassative nelle dosi a cui siamo abituati in Inghilterra. La ricetta è di un’oncia e mezza di bicarbonato di sodio e tre once di acido tartarico e tartrato di potassio. Queste polveri vanno diluite separatamente e bevute durante l’effervescenza.

         
 
     Rimedi improvvisati. - Emetici.- La polvere da sparo diluita in acqua calda pura o con aggiunta di sapone è un eccellente emetico. Per accelerare e favorire lo svuotamento dello stomaco è consigliabile solleticare la gola con una piuma.
     Bagni di vapore.- Il viaggiatore intirizzito o stremato dalla fatica farebbe bene a ricorrere a questa semplice e piacevole terapia, efficace anche con gli ammalati. Il metodo seguito in Russia per la preparazione del bagno di vapore è di gran lunga il migliore. Si scaldano sul fuoco delle pietre, che vengono sistemate per terra, al centro della tenda o della capanna. Poi, vi si versa sopra una piccola quantità d’acqua, in modo che si formino delle calde nubi di vapore. In altri paesi, invece, si dispone un alto strato di rami sopra a dei tizzoni ardenti. Poi, si adagia la persona malata, avvolta in un grande tessuto, sopra ai rami e si spruzza dell’acqua sui tizzoni incandescenti.
     Salassi.- Oggi i medici dicono che non vi è alcun bisogno dei salassi e che possono essere addirittura dannosi, ma in passato ne facevano un grande uso. I selvaggi li praticano, usando un pezzo di corno come ventosa o facendo una piccola fiamma con una manciata d’erba.

     Malattie e rimedi.- I disturbi più frequenti dei viaggiatori sono le febbri, la diarrea, i reumatismi e le malattie degli occhi. La cura migliore è il cambiamento d’aria. Appena la fase acuta della malattia è passata, bisognerebbe lasciare la pianura per rifugiarsi sulle colline circostanti. E’ un cambiamento che fa miracoli.
     Febbre.- Vi sono paesi nei quali un gran numero di viaggiatori è stato vittima di febbri. Ricordo una sfortunata spedizione in Niger, nella quale tre navi, fra le quali l’Albert, stettero due mesi e due giorni sul fiume. Dei 62 uomini dell’equipaggio, 55 si ammalarono di febbre malarica e 23 di loro morirono. Dei restanti sette, soltanto due restarono in salute sino alla fine. Tutti gli altri tornarono in Inghilterra ammalati. Nel trattato del Dr. McWilliams si dice che la febbre del Niger, che è da considerarsi epidemica, subentra circa sedici giorni dopo il contagio. Il primo attacco, anziché rendere il paziente immune, lo rende più vulnerabile a quelli successivi. Una grande scoperta dei nostri giorni è il chinino, che ha il potere di tener lontano molti tipi di febbre. Una persona che oggi volesse risalire il Niger e che cominciasse a prendere il chinino sulla costa, sarebbe protetto per il tempo di attraversamento del delta. Ma nel caso di un lungo soggiorno nella zona il rischio rimarrebbe. L’esperienza del Dr. Livingstone sul fiume Zambesi getta dubbi sul potere del chinino di tenere lontano il tipo di febbre prevalente in quella zona.
     Precauzioni in zone malsane.- Oltre a quella di assumere regolarmente piccole dosi di chinino, vi sono altre precauzioni da prendere nelle zone insalubri. Non bisogna mai accamparsi sottovento nei pressi di una palude e bisogna sempre dormire circondati da grandi fuochi. E’ prudente ricoprire il viso con un fazzoletto ed evitare di mettersi in marcia troppo presto la mattina. Come regola generale e nei limiti del possibile non bisogna mettere troppo a dura prova l’organismo, indebolendolo eccessivamente con fatiche e stenti.

     Diarrea.- In caso di diarrea persistente, bevete soltanto del brodo, mangiate piccole quantità di riso bollito e bevetene l’acqua di cottura. Non toccate altro cibo fino a quando non vi siete completamente rimessi. Il più piccolo pezzo di pane o carne causerebbe un’immediata ricaduta.
     Oftalmia.- In molte parti dell’Africa del nord e del sud, in Australia ed in altri paesi ancora, le malattie degli occhi sono un vero flagello. Il solfato di zinco è un ottimo collirio. Il sapore della soluzione, che dovrebbe essere acido, è l’indicazione migliore della giustezza della concentrazione.

       

     Mal di denti.- Prima di partire, conviene far visita al dentista, perché la dieta severa a cui si è sottoposti durante il viaggio, spesso mette a dura prova la salute dei denti. Per estrarre un dente che duole senza fare troppi danni, lo si deve spingere e tirare costantemente. Esso si allenterà a poco a poco e probabilmente cadrà dopo qualche settimana.
     Disidratazione.- Nei casi meno gravi, somministrate acqua con un cucchiaino. Per un palato riarso dalla sete sarà come tracannarne interi bicchieri ed avrà effetti meno disastrosi sull’apparato digerente. Nei casi più gravi, versate acqua sugli indumenti del paziente e manteneteli umidi. Impeditegli di bere con tanta severità quanta ve ne consente il vostro cuore.
     Denutrizione.- Il brodo concentrato è l’alimento più indicato per un uomo ridotto in fin di vita dalla fame. Oltre a questo, è consigliabile somministrare due o tre bocconi di cibo ogni quarto d’ora.
     Avvelenamento.- In caso di avvelenamento, la prima cosa da fare è quella di somministrare un potente emetico. In questo modo, il veleno rimasto nello stomaco e non ancora assorbito dai tessuti, viene rigettato. Se non avete emetici a portata di mano, usate acqua saponata o polvere da sparo (vedi Emetici). In caso di coliche e conati di vomito, somministrate molta acqua, per facilitare l’espulsione del contenuto dello stomaco. Contemporaneamente, cercate di combattere i sintomi causati dal veleno. Se il paziente ha sonnolenza, dategli del caffè molto forte e scuotetelo per tenerlo sveglio. Se i suoi piedi sono freddi e intorpiditi, mettete sotto di essi dei sassi riscaldati.
     Morsi delle pulci.- La polvere venduta in Oriente sotto il nome di “Polvere italiana per pulci” è veramente efficace. E’ la “Piré-oti”, menzionata da Curzon nel suo libro sull’Armenia, ricavata da una pianta (inula pulicaria) che cresce in quel paese. Un lettore mi scrive: “Nei miei viaggi ho sfidato legioni di questi insetti. Per trovare protezione dai loro attacchi, mi infilavo in un sacco di lino o cotone e lo legavo stretto attorno al collo.”

       

     Parassiti dell’uomo.- Il seguente brano è tratto dal libro dell’abate Régis Evariste Huc, Viaggi in Tartaria. “Siamo in viaggio da sei settimane, con gli stessi abiti che avevamo al momento della partenza. Il formicolio incessante da cui siamo tormentati indica che i nostri indumenti sono popolati da quei ripugnanti parassiti con i quali i Cinesi ed i Tartari hanno grande familiarità, ma che per noi Europei sono oggetto di disgusto ed orrore. Prima di lasciare Tchagan-Kouren abbiamo comperato in una farmacia mezza oncia di mercurio, per preparare un rimedio specifico contro i pidocchi, secondo una ricetta avuta da alcuni cinesi. Eccola: “Prendete delle foglie di tè usate e masticatele, impastandole con la saliva, sino a ridurle in poltiglia. Poi, mischiate il mercurio con il tè e mettete questa pasta dentro ad una striscia di cotone arrotolata, da appendere attorno al collo. I pidocchi morderanno questa esca, diventeranno rossi e moriranno. In Cina ed in Tartaria dovrete cambiare questo collare una volta al mese.”
     Vesciche ai piedi.- Per impedire che si formino delle vesciche ai piedi, il capitano Barclay suggerisce di strofinare l’interno dei calzettoni con del sapone bagnato, facendo in modo che si formi su di essi uno spesso strato di schiuma. Se le bolle ai piedi sono causate dal cuoio troppo rigido, prima di calzarli rompete un uovo crudo dentro agli stivali. Inoltre, quando prevedete una lunga marcia, ingrassateli bene. Dopo qualche ora di cammino, quando la pelle dei piedi comincia ad essere irritata, togliete le calzature e scambiate le calze, mettendo al piede sinistro quella che era al destro e viceversa. Se è soltanto un piede a fare male, è sufficiente rivoltare il calzino. Per curare le vesciche, il capitano Cochrane consiglia di strofinare, prima di andare a letto, i piedi con alcool misto a sego fatto colare nel palmo della mano da una candela accesa. Il mattino seguente le vesciche saranno sparite, guarite dal potere curativo dell’alcool e la pelle, ricoperta di sego, sarà morbida e levigata.

       

     Mal di montagna.- L’aria rarefatta d’alta montagna e degli altopiani fa soffrire soprattutto i viaggiatori principianti. I sintomi sono quelli descritti da coloro che hanno viaggiato in Sud America, dove questo disturbo, talvolta fatale anche per uomini gagliardi, è conosciuto sotto il nome locale di puna. Paradossalmente, la sensazione è la stessa del mal di mare. I sintomi sono emicrania, capogiro, svenimento, diminuzione di vista e udito, emorragia dalla bocca, dagli occhi e dal naso. Col tempo, questi disturbi, che cominciano ad essere avvertiti a 12.000-13.000 piedi sul livello del mare, si attenuano. Il Sig. Hermann Achlaginweit dice che i sintomi sono accentuati quando vi è brezza. Stranamente, i gatti sono incapaci di sopravvivere in villaggi situati a 13.000 piedi sopra il livello del mare e muoiono fra atroci convulsioni.
     Scorbuto.- Questa malattia ha colpito viaggiatori persino in Australia. Io ne sono stato afflitto in Africa, dove la mia dieta era esclusivamente carnivora. Qualsiasi vegetale può curare lo scorbuto, ma il limone, i frutti aspri, le patate crude e la melassa sono particolarmente efficaci. Il Dr. Kane suggerisce la carne cruda, come viene consumata dagli Esquimesi.
     Emorragia da ferita.- Quando il sangue esce a fiotti da una ferita ed è di colore rosso vivo, non vi è fasciatura al mondo che possa fermarlo, perché è stata recisa un’arteria. Se non vi è nessun dottore sul posto, l’unica cosa da fare è di adottare il metodo usato dai nostri progenitori: cauterizzare la ferita, come si fa per il morso di un serpente velenoso oppure versarvi sopra del grasso bollente. Il successo di questo crudele trattamento non è garantito, perché la ferita potrebbe riaprirsi, ma qui è in ballo la vita di una persona e questo è l’unico modo di salvarla. Dopo la cauterizzazione, la parte deve essere mantenuta perfettamente immobile, fino a quando la ferita non si sia rimarginata. In mancanza del laccio emostatico, per fermare per un po' di tempo il sangue legate una robusta cintura di cuoio, una corda o un fazzoletto al di sopra della ferita. Per stringere di più, è consigliabile farvi passare un bastone e girarlo. Se sapete dove passa l’arteria, mettetevi sopra un sasso sistemato dentro a un fazzoletto; se non lo sapete, per avere un’idea del percorso delle arterie principali guardate le cuciture interne delle maniche e dei pantaloni. Entrambe seguono quasi lo stesso tracciato.

     Morsi di serpente.- Legate un laccio stretto sopra la parte, succhiate la ferita e cauterizzatela il più in fretta possibile. Se non avete altri mezzi per fare questo, fate esplodere una piccola quantità di polvere da sparo dentro alla ferita, oppure, come suggerisce il Sig. Mansfield Parkyns, tagliate via con un coltello la carne attorno al morso, poi bruciate la ferita con l’estremità del calcatoio, riscaldato al punto da renderlo incandescente. La fase successiva è quella di impedire al paziente con molta determinazione e persino con crudeltà, di abbandonarsi alla sensazione di sonnolenza causata dal veleno del serpente, che troppo spesso porta alla morte.
     Punture di vespe e scorpioni.- Sulle punture di vespa applicate l’olio ottenuto raschiando una pipa da tabacco. Il morso di scorpione, soprattutto se l’animale è grosso, va trattato come quello del serpente.
     Fratture.- Se la pelle non è ferita, è estremamente improbabile che un uomo muoia per una frattura. Però, se l’osso fuoriesce all’esterno, la lesione è molto seria perché si formano degli ascessi e la parte si necrotizza con le peggiori conseguenze. Quindi, per non trasformare un piccolo trauma in qualche cosa di molto più grave, quando un uomo si frattura un osso bisogna porre molta attenzione nel rimuoverne il corpo. Anche se può sembrare paradossale, qualora sia possibile, spostate l’accampamento verso di lui e non viceversa. Il sig. Druitt scrive: “Quando un uomo si è fratturato una gamba, fatelo sdraiare sull’altro fianco e sistemate la gamba fratturata sopra a quella sana. Legate le due gambe insieme con dei fazzoletti, mettendo un po' di paglia in mezzo. In questo modo, la gamba fratturata non avrà movimenti bruschi e l’osso non uscirà attraverso la pelle.”
     Annegamento.- Un uomo salvato dall’annegamento in acque gelide, deve essere messo a letto con la testa un po' sollevata, vestiti asciutti e sassi caldi legati sotto i piedi. Il calore umano trasmesso da due uomini robusti posti a giacere uno per parte accanto a lui è benefico e giovevole. Invece ogni trattamento rude, come quello di tenere lo sventurato sospeso a testa in giù perché l’acqua fuoriesca dalla bocca, è non soltanto ridicolo ma dannoso.

         
 
     Trascrivo le istruzioni fornite dal Dr. Marshall Hall:
      "1) Se il tempo non è troppo brutto e freddo, esponete il viso ed il petto della persona tratta in salvo alla brezza.
      Per liberargli la gola- 2) Girate con delicatezza il paziente a faccia in giù, sistemandogli un braccio sotto la fronte. In questo modo, la lingua cade in avanti e i liquidi presenti nella bocca fuoriescono, lasciando libero l’imbocco della trachea. Controllate se il paziente respira. Se il respiro viene a mancare:
     Per stimolare la respirazione- 3) Girate immediatamente il paziente su di un fianco.- 4) stimolate le narici con una presa di tabacco da fiuto o la gola con una piuma. Spruzzate acqua fredda sul viso, dopo averlo strofinato per scaldarlo. Se non vi sono reazioni, non perdete un attimo di tempo e subito:
     Per ripristinare la respirazione- 5) Risistemate il paziente a faccia in giù, con un cappotto o un abito ripiegati sotto il torace.- 6) Girate il corpo con grande delicatezza su un fianco. Poi, velocemente, di nuovo a faccia in giù. Ripetete questi movimenti alla velocità di quindici volte al minuto, alternando il fianco destro al sinistro.- 7) La posizione a faccia in giù, quando il torace è compresso, favorisce l’espirazione, mentre la posizione sul fianco permette l’inspirazione. Il risultato delle due posizioni combinate, prona e sul fianco, è la respirazione. Se non è troppo tardi, la vita.
     Per riattivare la circolazione- 8) Massaggiate gli arti con energici movimenti verso l’alto, esercitando una forte pressione. In questo modo, il sangue viene sospinto verso il cuore.- 9) Quando gli arti si sono riscaldati, ricopriteli con indumenti forniti dalle persone presenti.- 10) Non sottoponete il paziente a bagni caldi troppo frequenti e non mettetelo in posizione supina o reclinata all'indietro".

     Lettiga per una persona ferita.- Per trasportare un uomo malato o ferito, costruite una lettiga alla maniera degli indiani. Tagliate due grossi pali della lunghezza di otto piedi e tre traverse lunghe due piedi e mezzo, da legare ad essi. Poi, tenete questa struttura a forma di scala sopra al malato, che sta disteso a terra su di una coperta. Legate la coperta alla portantina, in modo che una traversa si trovi appena dietro alla testa della persona trasportata, quella opposta appena oltre i suoi piedi e quella mediana esattamente sopra il suo stomaco. Le estremità dei bastoni fanno da impugnatura per i portatori. Gli Indiani d’America trasportano in questo modo i loro compagni feriti durante un combattimento o durante una ritirata precipitosa. A questa portantina può facilmente essere applicata una copertura, fatta con rami d’albero piegati ed un lenzuolo.


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