Fuoco - Galton - Viaggiare e sopravvivere di Graziella Martina

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    Osservazioni generali. - Malgrado le precauzioni per prevenirlo, il fuoco divampa con grande facilità. Soltanto quando se ne ha bisogno e non si ha il necessario per accenderlo, esso è difficile da avviare. Lo stesso vale per le scintille, che spesso si sprigionano spontaneamente nei posti più improbabili, dando origine a conflagrazioni, mentre rifiutano di trasformarsi in un fuoco vivace quando se ne ha la necessità. Per generare la fiamma occorrono tre agenti separati: la scintilla, lo stoppaccio e il carburante, da versare con cautela sullo stoppaccio, per renderlo più infiammabile. Io consiglio al viaggiatore di portare con sé un acciarino leggero e maneggevole, una pietra focaia e dello stoppaccio, con i quali egli può accendere il fuoco in condizioni normali. In più, egli deve avere abbondanza di fiammiferi di cera, che sono insensibili all’umido, una zolletta di zolfo, grande come un fagiolo e mezza dozzina di schegge di legno, sottili come stuzzicadenti, le cui punte siano state immerse in questa sostanza liquefatta. E’ inutile portare in viaggio dei fiammiferi controvento, perché l’umidità li renderebbe inutilizzabili.

       

    Come ottenere il fuoco dal sole.- Specchi ustori.- L’obiettivo e le lenti convesse del telescopio sono degli specchi ustori, che basta svitare perché siano pronti per l’uso. Anche le lenti di un binocolo da teatro sono molto adatte. Più la lente è larga e più il fuoco è corto, più grande è il suo potere riscaldante. Per questo, le lenti dei monocoli, che hanno un fuoco molto lungo, non sono efficaci. Con l’aiuto di uno specchio, il vetro di un vecchio orologio fuori moda, riempito d’acqua e esposto ai raggi del sole in verticale, può produrre il fuoco. Nella regione artica, il Dr. Kane e altri viaggiatori hanno utilizzato addirittura il ghiaccio, per fare degli specchi ustori.
    Riflettori.- La parte interna della protezione in metallo di un orologio per la caccia potrebbe in qualche caso far convergere un numero di raggi sufficienti a bruciare. Il fuoco del tempio di Vesta a Roma e il fuoco sacro dei Messicani erano ottenuti con dei riflettori. Se ho capito bene, lo stoppaccio era sistemato dentro ad una cavità a forma di cono, scavata in un sasso ad angolo retto e accuratamente lucidata.
    Stoppaccio annerito.- Lo stoppaccio carbonizzato o annerito si accende molto prima di quello chiaro.

   Pietra focaia.- Se dobbiamo credere ad un famoso brano di Virgilio su Enea e i compagni, nell’antichità il fuoco veniva prodotto sfregando insieme due pezzi di pietra focaia. Confesso di essere totalmente incapace di accendere il fuoco in questo modo. Non riesco neanche a capire che cosa fossero le “foglie secche” delle quali si parla e che, secondo quanto si dice, venivano usate come stoppaccio. Io riesco a ottenere il fuoco soltanto con la pietra focaia e l’acciarino o, in mancanza di quest’ultimo, con del ferro temprato. Al posto della pietra focaia, si possono usare altre pietre silicee, come l’agata, il cristallo di rocca o il quarzo. L’agata, che si può trovare in vendita dai tabaccai, è preferibile perché dà una scintilla più calda. In mancanza di una pietra totalmente silicea, può andare bene anche una parzialmente silicea, come il granito. Sono stato sorpreso nell’apprendere che anche il vasellame e la porcellana producono scintille e che, nella storia della marina, vi sono stati casi in cui una tazza rotta è stata la salvezza di un equipaggio che aveva fatto naufragio. Su coste prive di pietre silicee, a volte so trovano pezzi di legno o alghe alla deriva, che portano, imprigionati al loro interno, dei ciottoli di altre spiagge, fra i quali potrebbe esserci della pietra focaia. Anche i nodi del bambù possono contenere una quantità di silicio sufficiente a sprigionare una scintilla.
    Acciarino.- Come ho già detto, il ferro comune non serve a produrre una scintilla; il ferro temprato o l’acciaio morbido ci riescono con qualche difficoltà. Perciò, un buon acciarino rappresenta un grosso aiuto nei viaggi. Qualsiasi fabbro può ricavarlo da una vecchia lima, se non ha niente di meglio a disposizione. Un viaggiatore inesperto può ottenere un sostituto dell’acciaio da un ferro di cavallo rotto o dall’anello di una catena, con la cementazione a fuoco.

       
 
    Pirite.- E’ usata da sempre per produrre scintille. Due pezzi di pirite battuti insieme o un pezzo solo sfregato con un acciarino, danno una buona scintilla. Però si tratta di un minerale molto friabile ed è quindi poco adatto come pietra focaia.
    Fucile.- Per ottenere una fiamma con un fucile a pietra focaia, bisogna turare il focone e mettere un pezzo di stoppaccio dentro alla polvere innescante. In questo modo, si può ottenere una fiamma senza sparare. Con un fucile fulminante, invece, si può ottenere una fiamma mettendo la polvere e lo stoppaccio fuori dal luminello e attorno alla capsula; il fuoco si svilupperà al momento dell’esplosione della capsula. Ma il sistema più comune per ottenere una fiamma utilizzando un fucile è quello di versarvi un quarto di carica di polvere da sparo e di mettere sopra un pezzo di stoppaccio, senza pressarlo. Facendo fuoco in aria, lo stoppaccio viene sparato fuori in fiamme. Non rimane che correre verso il luogo dove è caduto e recuperarlo in fretta. Se non si ha a disposizione un fucile ma soltanto capsule di cartucce, polvere pirica e stoppaccio, si può perforare con un coltello o un punteruolo la composizione detonante della capsula, finché questa esplode. Però è un’operazione pericolosa e si corre il rischio di rimanere feriti.
    Fiammiferi.- In una giornata ventosa, una mano inesperta ne può sprecare un’intera scatola, senza riuscire ad accendere il fuoco. I fiammiferi sono una grande comodità, ma hanno lo svantaggio che, mentre lo zolfo acceso sta lottando per dar fuoco ai rami, l’aria deve essere ferma. Se c’è vento, quando state per accendere un fiammifero, mettete per precauzione un mantello o una gualdrappa sopra al capo, per creare un riparo. Oppure, se avete dei fogli di carta di riserva, arrotolateli a forma di cono e, tenendone la punta controvento, accendete il fiammifero al loro interno. La carta prenderà fuoco immediatamente. Anche quando il fiammifero, spinto fra i pezzi di legno, ne ha accesi uno o due, la fiamma, anziché propagarsi agli altri, può spegnersi. L’uso di ramoscelli sottili facilita l’operazione, ma per essere sicuri che la scintilla, una volta avviata, si trasformi in una bella fiamma che si mantiene accesa, bisognerebbe usare lo stoppaccio. In un clima umido, i fiammiferi di cera sono migliori di quelli di legno, perché la cera è insensibile all’umidità. Se non avete superfici adatte su cui sfregarli, strofinate la loro capocchia con la punta di un coltello o con un’unghia. Fatelo con attenzione, non vi è alcun bisogno che vi bruciate le dita. Per accendere la pipa quando piove a dirotto, rifugiatevi sotto alla pancia del vostro cavallo.

       
 
    Bastoncini per il fuoco.- Stando alle ricerche, il metodo di sfregare due bastoncini per ottenere il fuoco, è stato adottato in tutto il mondo. Nelle contrade selvagge, questo metodo continua a essere in uso, mentre in quelle più civilizzate, esso appartiene al periodo storico precedente all’uso della pietra focaia e dell’acciarino. La generazione attuale usa i fiammiferi. Per quel che ne so, la Bibbia, Omero e altri testi o autori molto antichi non dicono assolutamente nulla di come si ottenesse il fuoco a quell’epoca. Ritengo si possa ragionevolmente supporre che, nell’infanzia barbarica della razza umana, il metodo di sfregare insieme i bastoncini fosse universale. Nella mitologia greca, l’invenzione dei bastoncini per fare il fuoco è attribuita a Prometeo. Fra gli scrittori latini, ne scrivono Plinio e Seneca. Plinio dice: “C’è calore nel gelso, nell’alloro, nell’edera e in molte altre piante, dalle quali si ricavano i bastoncini. L’esperienza dei soldati alla ricerca di terreno per campeggiare e quella dei pastori hanno portato a questa scoperta. Un pezzo di legno sfregato contro un altro prende fuoco con l’attrito e un materiale secco e infiammabile, come le foglie, mantiene accesa la fiamma. Niente è meglio del legno di alloro per il bastoncino da strofinare e del legno di edera per il pezzo contro cui sfregarlo. Anche la vite selvatica - non la “labrusca”- è adatta.”
Ho fatto molti esperimenti con dei trucioli provenienti dal giardino botanico e con diversi tipi di legno, che mi sono procurato dai fornitori dei fabbricanti di giocattoli di Turnbridge Wells. Ho scoperto che quello che avevo appreso dai selvaggi è assolutamente vero. E’ più difficile procurarsi un buon ceppo da ardere che un bastoncino per fare una fiamma. Per bruciare bene, il ciocco deve essere di legno a grana piccola, avere un grado medio di morbidezza ed essere allo stesso tempo facilmente infiammabile e bruciare a lungo. Per il bastoncino, va bene qualsiasi legno che non sia troppo duro, perché altrimenti agirà come la punta di un trapano, né troppo morbido, per evitare di essere consumato prima che l’attrito abbia il tempo di riscaldarlo. La segatura prodotta dallo sfregamento va ammucchiata da una parte, perché serve ad alimentare la fiamma. Lo stoppaccio, per quanto non indispensabile, è una grande comodità, perché assicura che il fuoco, una volta ottenuto, non si spegnerà più.
 
    Combustibile.- Legna da ardere.- Spesso, si trova della legna secca sotto ai cespugli. Anche il ceppo marcio di un albero può avere una magnifica radice, adatta a bruciare tutta la notte.
    Sterco secco.- Pressoché in tutto il mondo, dall’Africa, all’Armenia, al Tibet, in mancanza di altro combustibile, si usa lo sterco di vacca essiccato. E su questa usanza non vi è proprio nulla da ridire. Molto opportunamente, i canadesi lo chiamano “Bois de vache”. C’è un grande vantaggio nell’uso di questo combustibile, perché gli accampamenti sono allo stesso tempo i luoghi dove serve e i luoghi dove lo si trova facilmente.
    Ossa.- Anche le ossa di un animale appena ucciso sono un eccellente sostituto della legna. Il primo a constatarlo ed a parlarne è stato, credo, Charles Darwin. Conservate dunque le ossa attaccate alla carne che mangiate. Dopo qualche giorno di esposizione all’aria, esse possono essere gettate nel fuoco. Ciò che alimenta la fiamma è il grasso contenuto al loro interno. Per questo motivo, più l’animale è ben nutrito, più l’osso brucia bene. L’odore emanato non è del tutto sgradevole, assomiglia a quello della carne bruciata. Nelle isole Falkland, dove la legna scarseggia, non è infrequente cuocere la carne di un bue appena macellato usando le sue stesse ossa. “Nel 1829, ad Adrianopoli, durante la campagna di Russia, i soldati saccheggiarono i cimiteri, prelevando le ossa dalle tombe per farne combustibile. Sopravvissero in questo modo al freddo gelido.”
    Alghe.- Sono molto usate perché producono una fiamma calda, anche se non vivace. Le alghe delle Isole della Manica, la cui raccolta è raffigurata in molti pittoreschi bozzetti, vengono caricate su carri e portate a casa, dove sono sparpagliate al sole ad asciugare.

       
 
    Torba.- Questo combustibile fossile, residuo di piante accumulatesi al fondo dei laghi nel lontano passato, è una risorsa preziosa per il viaggiatore, perché si trova di solito in paesi paludosi, malarici e dal clima freddo, nei quali non vi è legna da ardere.
    Erba secca.- Quando si avvicina l’ora di fermarsi per la notte, è dovere del cuoco di scendere da cavallo e raccogliere lungo il cammino erba secca e piccoli pezzi di legno, in quantità sufficiente per accendere il fuoco. Quando la carovana si ferma e gli animali vengono liberati dal loro carico, il fuoco dovrebbe già fiammeggiare ed il bollitore essere pronto lì accanto.
    Stecchi.- E’ necessario averne in abbondanza, perché fanno risparmiare tempo e pazienza al momento di accendere il fuoco. Inoltre, avendone a disposizione una maggiore quantità, si evita il rischio di consumarli tutti prima di ottenere la fiamma. Se non se ne trovano, bisogna fabbricarli, sminuzzando della legna con un coltello. Dopo aver visto viaggiatori inesperti e campeggiatori consumati cimentarsi nell’impresa di accendere un fuoco ed aver provato io stesso, sono giunto alla conclusione che, per essere sicuri del successo, bisogna essere provvisti di fasci di stecchi di diverso spessore. Ecco, in ordine crescente, le dimensioni che devono avere: 1°) spessore di un fiammifero; 2°) spessore di una matita; 3°) grandezza del dito mignolo; 4°) grandezza del dito indice; 5°) dimensione di un bastone.

    Trasformazione della scintilla in fiamma.- Con rotazione rapida.- 1°) Preparate una certa quantità di materiale combustibile scelto fra quelli descritti sopra, che comprenda stecchi, erba secca e radici fibrose. 2°) Costruite con questo materiale un piccolo nido, che abbia la forma e la grandezza di quello dei passeri. Fate in modo che i filamenti più sottili siano all’interno. 3°) Lasciate cadere uno stoppaccio incendiato al centro del nido. 4°) Tenendo gli stecchi nella mano un po' chiusa, cominciate a roteare il braccio teso, compiendo un movimento circolare.
    Soffiando.- Per ravvivare la fiamma, i selvaggi prima soffiano sulle scintille, poi le nutrono con una giusta quantità di ramoscelli. Però è difficile arrivare a fare bene questo lavoro. Io consiglio di seguire i suggerimenti del paragrafo successivo, che mi sembrano di gran lunga quelli preferibili.
    Zolfo.- I fiammiferi di zolfo sono ideali per trasformare una scintilla in una fiamma. Se il viaggiatore si prende il disturbo di portare con sé una piccola zolla di questa sostanza, è molto facile fabbricarli con qualsiasi tipo di legno o con della paglia. Si fa sciogliere la zolla dentro a un vecchio cucchiaio o ad un pezzo di coccio e si bagnano i bastoncini di legno dentro a questa materia liquefatta. Una piccola pallina di zolfo, infilata sulla punta di una scheggia di legno, costituisce un valido sostituto di un fiammifero.
 
        Fuochi di campo.- Tronchi.- Per far sì che i grossi tronchi brucino con facilità, bisogna disporli in modo che l’aria li raggiunga da tutti i lati e che la combustione si trasmetta dall’uno all’altro.

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